Pigrizia e Usabilità

Pigrizia e Usabilità

Solo chi conosce la pigrizia può occuparsi di usabilità.

 

Quante volte ci siamo sgomentati davanti a un modulo on line?

Quante volte ci hanno poi mostrato che la via d’uscita c’era? …bastava, cliccare in alto a destra, chiaramente avendo scelto il secondo valore della tendina a sinistra, non prima di aver spuntato la casella, che però è disabilitata finché non si fa scorrere il testo fino in fondo…

Di norma chi si occupa di programmazione ritiene di aver finito il suo compito quando il software funziona, cioè assolve –in qualche modo- le tutte funzionalità richieste (o magari solo le principali). Ma perché un software –o un’applicazione web- sia veramente USABILE, occorre molto di più: occorre che l’interfaccia sia CHIARA e INTUITIVA, che faccia trovare evidenziato il percorso principale e i suoi elementi più significativi, che dia messaggi di conferma ed errore chiari ed esplicativi di come procedere, che non contenga opzioni che non funzionano, che non chieda scegliere fra alternative quando l’alternativa sceglibile è un sola o che non faccia fare clic inutili, che dia un’idea dello stato di avanzamento dei processi più lunghi, eccetera…

Occuparsi di questi aspetti può fare la differenza tra il successo o l’insuccesso di un’applicazione? Non sappiamo ma di certo le applicazioni di successo hanno una cura maniacale per l’USABILITÀ.

Guardiamo per esempio l’home page di Google: casella di testo e pulsante di ricerca e poco altro di più. Solo i più anziani sul web ricordano com’erano “ricchi” (cioè incasinati) i motori di ricerca prima che Google li sbaragliasse con la sua semplicità.

Indovinare la più semplice e la più efficace interfaccia allora è più facile per chi conosce la PIGRIZIA, quella naturale attitudine a risparmiare tempo, attenzione, fatica. “Perché dovrei leggere o anche solo considerare altri elementi se ho bisogno solo di fare una ricerca su Google?”

Allora lo sforzo di chi progetta l’interfaccia di un software dovrà concentrarsi su cosa l’utente si aspetta di trovare. È una questione di “linguaggio” in senso lato, un linguaggio che va prima scoperto per poi essere applicato. Gli sforzi di chi in questi anni ha cercato di interpretare le attese delle persone hanno creato delle abitudini: per esempio che la risposta principale e più probabile sia molto più evidente delle altre e che particolari accorgimenti grafici ci facciano capire dove possiamo cliccare, distinguendo da dove possiamo solo leggere.

Se dunque conosciamo la pigrizia, sapremo bene che chi usa le nostre interfacce non ha nessuna voglia di imparare un linguaggio nuovo ma vorrà trovare “cose” (oggetti, percorsi, messaggi) che si corrispondono a quello che si aspetta.

Chi si occupa di usabilità dunque si immagina in anticipo l’esperienza utente (UX) e cerca di renderla il più gratificante possibile secondo un processo che Michael Cummings ha rappresentato così in maniera iterativa: SCOPRI=>PROGETTA=>PRODUCI=>VALUTA e ripeti queste quattro fasi fino ad incontrare quello che si aspetta il tuo utente.

La progettazione dell'esperienza utente

Il messaggio è progettare avendo al centro l’utente con le sue aspettative e per l’appunto la sua PIGRIZIA.